HIROSHIMA MON AMOUR
Operina per nastro magnetico, violoncello,voce e performer
Liberamente tratto dall’opera di Marguerite Duras
MUSICHE ORIGINALI PIETRO FREDDI
PROGETTO, TESTO E REGIA RICCARDO VANNUCCINI
COREOGRAFIA YOKO HAKIKO
DISEGNO SCENA CECILE FRACASSATO
25’ circa
Il 6 agosto 1945, avvenne che nella città di Hiroshima ci fu un bagliore di luce immenso e il dottor Hachiya che era in casa si ritrovò sanguinante e nudo in strada senza capire cosa fosse successo; accanto lui decine di persone sfigurate, bruciate con le case che dopo avere ondeggiato per qualche istante crollavano in macerie. Ed era solo l’inizio.
HIROSHIMA MON AMOUR è un gesto poetico rivolto a noi abitanti della Terra contro la banalizzazione dell’atomica e la perdita di memoria sull’uso che ne è già stato fatto, poiché l’essere umano tende alla propria distruttività e ogni guerra, anche la più tragica, è iniziata nella generale indifferenza.
Presentato in prima assoluta al Museo dell’ARA PACIS di Roma per Musei in Musica – novembre 2022.
ANGELUS NOVUS
di RICCARDO VANNUCCINI
REALIZZATO APPOSITAMENTE PER LA NOTTE DEI MUSEI 2022 – ARA PACIS Roma
“Di sangue una spiaggia doveva tingersi/ che non era né dell’uno né dell’altro. /Erano, si dice, costretti a uccidersi. /Lo credo, lo credo. Ma domando: da chi?” Brecht
ANGELUS NOVUS è un collage scenico sul linguaggio, sull’intendersi (die Sprache) – come lo intende il filosofo tedesco, uno spazio non violento di intesa umana ovvero un progetto appositamente pensato per il Museo dell’Ara Pacis al tempo di oggi, il tempo della guerra.
Tre donne ucraine fuggite dalla guerra vengono a visitare l’ARA PACIS mentre una Compagnia teatrale al femminile prova uno spettacolo di teatro danza.
Un operaio intanto distribuisce al pubblico e commenta con energia il libro L’ ABC DELLA GUERRA di Brecht, mentre la giovane e già affermata poetessa e regista inglese GRETA BELLAMACINA recita alcune sue poesie scritte per la pace in Ucraina, con traduzione sul posto di ROCCO CUCOVAZ.
Da una parte una donna improvvisa canzoni liberamente ispirate a JIMI HENDRIX A LEOPOLI di Kurkov, accompagnata dalle note della chitarra elettrica di un musicista occasionale mentre un signore, forse il custode del museo, arringa la folla sparlando della guerra.
ANGELUS NOVUS e ARA PACIS sono due elementi di un incrocio non casuale evidentemente.
ARA PACIS, nella speranza e nella necessità della pace in Ucraina ovvero in Europa, nell’idea di pensare il museo non solo come luogo espositivo, ma luogo generatore di energie, proponendo al pubblico un’esperienza immersiva: luogo museale e performance emozionale per contribuire a individuare una terza via per un effettivo tentativo – femminile? – di soluzione del conflitto.
ANGELUS NOVUS Progetto e regia RICCARDO VANNUCCINI
Coreografia YOKO HAKIKO Colonna sonora ROCCO CUCOVAZ Musiche originali PIETRO FREDDI Scena e costumi, CECILE FRACASSATO
Con ROCCO CUCOVAZ, GRETA BELLAMAMCINA
e ALBA BARTOLI, MARIA SANDRELLI, LARS ROHM, GABRIELE GUERRA, ALESSANDRA PISCOPO, PRISCILLA MUSCAT, SILVIA FASOLI, MARIACHIARA POZZONI, MERSILA SOKOLI, SABRINA BIAGIOLI, ISABELLA CARLE e con PIETRO FREDDI (sax e chitarra elettrica).
Coordinamento progetto: CATERINA GALLONI e MARCO PAPARELLA
Durata performance 30’
Lingue parlate italiano, inglese, tedesco, ucraino
con Alba Bartoli, Maria Sandrelli, Caterina Galloni, Lars Rohm, Alessandra Piscopo, Iris Basilicata, Marco Paparella, Mirko Russo, Silvia Fasoli e Pietro Freddi (sax) Antonella Loddo (violoncello) Angelica Srodon (violino)
performance dedicata all’animalità dell’ essere umano, ovvero alla necessità di una nuova relazione col mondo, realizzata da Riccardo Vannuccini.
con IRIS BASILICATA, ALESSANDRA PISCOPO, LARS ROHM, SILVIA FASOLI, RICCARDO VANNUCCINI.
Atto unico durata 70’ circa
Produzione ARTESTUDIO
Regista assistente MARIA SANDRELLI
Organizzazione ALBA BARTOLI Coordinamento progetto CATERINA GALLONI
“Tra uomo e animale è messa in prova a teatro una nuova presenza scenica. Ofelia, Amleto, i pesci nel fiume e il limite fra animalità e umanità, tra il sé e l’altro da sé. Diventare animale, diventare corpo, diventare artista. Dalla caccia all’ allevamento, la commercializzazione dell’ esistenza. Quando muore il padrone anche le bestie piangono. La preda e il predatore, gli elicotteri e i pozzi petroliferi. Le foglie che nascondono l’orso e la macellazione degli animali domestici. Tingersi i capelli, la faccia, per camuffarsi e avvicinarsi pericolosamente all’altro. Il frigobar aperto e il teatro come concatenamento eterogeneo e in perpetuo squilibrio. Ofelia nuda, perché è comunque una femmina, quella di un altrove possibile. Comprendere le cose dai resti. Elsinore, Palmira e il Messico, pietra dopo pietra. Un lavoro scenico sulla cosa non in quanto riflessione sulla cosa, ma in quanto semplice cosa. Ofelia al macello come fosse un animale è la cima visibile di uno spettacolo che resta nascosto” Riccardo Vannuccini.
La performance è costruita con la tecnica del collage che in qualche modo ricorda la poetica cinese della raccolta di frasi del chu-chu.
Performance di teatro danza a cura di RICCARDO VANNUCCINI
Con MARIA SANDRELLI, ALBA BARTOLI, SILVIA FASOLI, IRIS BASILICATA, ALESSANDRA PISCOPO, PRISCILLA MUSCAT, LARS ROHM, MONTY SUNNEY e ARMANDO BAGALA’ (contrabbasso)
Responsabile di produzione CATERINA GALLONI
Durata 20’ circa
Omaggio libero e poetico alla città siriana ferita dalla guerra che comunque resta come una sposa, una donna, in mezzo al deserto testimone di una presenza, pronta a ricominciare a splendere, ad accogliere la ricostruzione. Nella performance convivono assieme come in un unico frame i semplici e silenziosi gesti della vita quotidiana con il rumore assordante del via vai dei passanti, dove il recupero di un’ esistenza normale sembra essere il progetto più ambizioso per chi ha vissuto una inspiegabile distruzione.
PALMIRA è un gioco di teatro danza quasi al silenzio per gli attori in scena con un musicista PALMIRA è una città ferita che non si arrende come la donna ferita dal male che non si piega, e pietra dopo pietra, gesto dopo gesto, si ricostruisce.
AGAMENNONE/ESCHILO/STUDIO: il ritorno a casa di Agamennone vincitore sui troiani dopo dieci anni di guerra, l’accoglienza apparentemente benevola della moglie Clitennestra e la vendetta a lungo attesa per vendicare il sacrificio della figlia Ifigenia sono gli elementi cardini dello studio sul copione di Eschilo che diventa un precipitato della tragedia greca. Con MARIA SANDRELLI, MARCO PAPARELLA, IRIS BASILICATA, ALESSANDRA PISCOPO, MIRKO RUSSO, LARS ROHM, FRANCESCO TRANCHINA, e ARMANDO BAGALA’ (contrabbasso). Durata 20 min
PIETRE E FIGURE: performance di teatro danza. Scomporre la città di ieri e di oggi e ricomporla gesto su gesto, frame su frame, pietra su pietra, per un racconto immersivo che incroci tradizione e futuro dell’abitare, dello stare assieme. Con MARIA SANDRELLI, ALBA BARTOLI, SILVIA FASOLI, IRIS BASILICATA, ALESSANDRA PISCOPO, PRISCILLA MUSCAT, LARS ROHM, MONTY SUNNEY, CEDRIC MUSAU KASONGO e ARMANDO BAGALA’ (contrabbasso). durata 20 min
liberamente tratto da ELIOT e ZBGNIEW
Scene e costumi YOKO HAKIKO.Durata spettacolo 50’ circa
con ALBA BARTOLI, IRIS BASILICATA, EVA GRIECO, MARIA SANDRELLI, LARS ROHM, CEDRIC KASONGO MUSAU, ALESSANDRA PISCOPO.
PELUCHE A DOUMA è uno spettacolo che ripercorre scenicamente una giornata a Douma, in Siria, dentro cui convivono in un unico frame i semplici quanto silenziosi gesti quotidiani della mattina con il rumore assordante delle bombe, i palazzi distrutti, i rifugi, e la polvere che alla fine copre ogni cosa, bambini e peluches.
Com’è nello stile di RICCARDO VANNUCCINI, la performance è una narrazione che non vuole sostituirsi alle notizie proposte dai telegiornali o dalla rete, ma che attraverso una serie di esercizi teatrali a tempo di musica fa incontrare – in un gioco di corpi ed emozioni – bambole e orsacchiotti mettendo così a nudo la tragica e inutile stupidità della guerra.
Con ALBA BARTOLI, MARIA SANDRELLI, EVA GRIECO, LARS ROHM, IRIS BASILICATA e RICCARDO VANNUCCINI.
Performance di teatro danza con testi in italiano, inglese, tedesco, francese
Durata variabile a seconda degli interessi da 20’ a 45’
performance con 25 attori migranti e richiedenti asilo provenienti dall’Africa e dal Bangladesh
a cura di Alba Bartoli, Maria Sandrelli e Caterina Galloni
per il progetto Teatro in Fuga 18 dedicato alla comprensione della questione delle migrazioni forzate attraverso lo strumento del teatro, realizzato da Artestudio con il contributo di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori –
Lo spettacolo, frutto di un laboratorio teatrale condotto in tre centri della capitale che si occupano di accoglienza e servizi ai migranti quali Programma Integra, l’associazione Cittadini del Mondo e lo S.p.r.a.r. Ferrhotel-Caritas Roma, vede la partecipazione di 25 attori migranti ed è dedicato alla figlia del re Alcinoo, la quale accoglie Ulisse nella sua isola dopo un ennesimo naufragio, si prende cura di lui, lo conforta e lo conduce con passo incerto alla certezza della condivisione. La storia di Nausicaa è qui occasione per un teatro indiretto, non dialogico, poetico ed emozionale, che si occupa delle cose indicibili.
Un racconto in 3 quadri o 3 tempi, come il valzer, che lascia aperto il varco all’indefinito, un balbettio narrativo, per immagini e suggestioni, da cui si intravede, tra le crepe dell’azione, il legaccio che unisce l’espressione artistica e la casualità della vita.
Assistente alla regia e mediazione culturale VALENTINA LAMORGESE
Direzione tecnica DANIELE CAPPELLI
Coordinamento ALBA BARTOLI
ConYAYA JALLOW, JOSEPH EYUBE, LAMIN NJIE, LUCKY EMMANUEL, YELI CAMERA, MUSAU KASONGO CEDRIC, ABDUL AZIZ ALHASSANE, ELA CHRISTIAN, SYSAUANE SENY, KOFFI KOUADIO ALFRED, DAUMBIA BANGALI, MOHAMED HARMOUCHE e con EVA GRIECO, LARS ROHM, IRIS BASILICATA
Uno spettacolo di RICCARDO VANNUCCINI
dedicato a HANDE KADER
Con i richiedenti asilo del Progetto TEATRO IN FUGA: LAMIN NJIE, YAYA JALLOW, YELI CAMARA, LUCKY EMMANUEL, JOSEPH EYUBE, CEDRIC MUSAU KASONGO, ALHASSANE ABDOUL AZIZ, CHRISTIAN ELA, MOHAMED HARMOUCHE, SENY SYSAUANE, KOUADIO ALFRED KOFFI, BENOIT KEVIN SIEWE, BANGALI DUNBIA, ALI DIALLO, ELLA SUNDAY, ADNAN ALI, FAITH OKUNBOR, JOY MASO, EDITH FOSTES, KANAE BANOU, BONYAGNI ELHANJI MANOUMOU, HAPPY ENOHENSE, EMILIE FLORE MENIAGA, XUBI JUSUF, SAHRA CALI, MASSA DABO, YAYA SOUMHORO, IDRISSA YARO, KOLIMBASSA OUSMANE, LAURA ANTONINIe con EVA GRIECO, LARS ROHM, ALBA BARTOLI, MARIA SANDRELLI, ANNA CARLIER, RICCARDO VANNUCCINI, CATERINA GALLONILo spettacolo è nato nell’ambito del progetto TEATRO IN FUGA e dedicato alla questione cruciale del nostro tempo: il fenomeno delle migrazioni forzate. Riccardo Vannuccini, dopo Sabbia e Respiro, realizza questo spettacolo con il quale si conclude la Trilogia del Deserto. La performance si pone come l’esito del laboratorio teatrale che ArteStudio ha condotto in collaborazione con Programma integra. I rifugiati, nella nuova veste di attori, costruiscono uno spettacolo ricco di suggestioni, mescolando tradizioni, usi, religioni, razze, richiamando una forte partecipazione immaginativa dello spettatore. Il teatro acquisisce nuovamente la sua primaria funzione: essere strumento di conoscenza e di comprensione degli accadimenti contemporanei.Produzione ArteStudio con Refugee Theatre Company
Testi da THOMAS ELIOT, VIDIADHAR NAIPAUL, DANILO KIS, WILLIAM SHAKESPEARE, INGEBORG BACHMANN, ZBIGNIEW HERBERT, CLARICE LISPECTOR
Scene e costumi MARAM AL JABURI e YOKO HAKIKO
Luci PAOLO MEGLIO
Colonna Sonora ROCCO CUCOVAZ
Musiche di UNDERGROUND YOUTH, POGUES, SIMEON HOLT
Direzione tecnica DANIELE CAPPELLI
Direttore di produzione FLAVIA MEUTI
Assistente alla regia VALENTINA LAMORGESE
Ufficio Stampa e comunicazione MIRIAM SEMPLICE MARANO
Coordinamento Teatro in Fuga per Programma integra LAURA ANTONINI
Coordinamento Teatro in Fuga per Armadilla s.c.s. Onlus MONICA DI VICO
Il teatro è inteso come metonimia della vita, azione scenica che supera l’esistenza: l’attore non dice e non riferisce ma significa e canta. Le scene sono semplicemente dei pezzi, Stück, e lo spettacolo è un edificio in rovina, deliberatamente esposto al vento e all’acqua, alle intemperie della scena. AFRICABAR è la prova disperata autentica ultima e sciocca dell’impossibilità possibile.
ArteStudio progetto TEATRO IN FUGA
realizzato con il contributo di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori
con il patrocinio di ROMA CAPITALE MUNICIPIO ROMA I CENTRO e in collaborazione con
TEATRO DI ROMA, PROGRAMMA INTEGRA, ARMADILLA S.C.S. ONLUS, CANE PEZZATO, KING KONG TEATRO, LE SCARPE DI VAN GOGH, NAFTA HOTEL, MUSES, REFUGEE THEATRE COMPANY
Partecipano al progetto LA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA, IL MUSEO MACRO, IL MUSEO NAZIONALE PREISTORICO ETNOGRAFICO PIGORINI, LIBRERIA GRIOT, LIBRERIA ODRADEK
Testi da SHAKESPEARE, BACHMANN, ELIOT, ESCHILO, OMERO
Scene, costumi, luci YOKO HAKIKO
Colonna Sonora ROCCO CUCOVAZ
Direzione tecnica DANIELE CAPPELLI
Assistente alla regia MIRIAM SEMPLICE MARANO
Responsabile di produzione CATERINA GALLONI
Direttore di produzione FLAVIA MEUTI
Responsabile comunicazione CRISTINA CALO’
Musiche di Arvo Part, Steve Tracy, Boltanski, Rana Farhan, Nick Cave, Warren Ellis, Jun Miyake.
Foto di scena FRANCESCO GALLI
Con i richiedenti asilo del C.A.R.A. Godfrey Nwabulor, Lamin Njie, Yaya Giallo, Joseph Eyube, Shadrach Okosun, Mubarak Rabin Bawa, Yusnu Bawa, Djibril Diallo, Bakary Camara, Muhamed Jallow, Baba Drammeh, Oudé Diabate e con EVA ALLENBACH, ALBA BARTOLI, EVA GRIECO, MARIA SANDRELLI, LARS ROHM, RICCARDO VANNUCCINIRESPIRO comincia dove era finito SABBIA per una trilogia del TEATRO DEL DESERTO.
“Inspirare, espirare. Accanto a me uno senza respiro. Il respiro affannato che ho attraversato il deserto due volte e per due volte mi sono perso. Il respiro trattenuto perché i soldati mi potevano trovare. Respiro piano mentre il camion gira fra le montagne. S’è fermato il respiro quando il mare ha coperto ogni cosa compreso il cielo. Un lungo respiro appena sono uscito dall’acqua. Ancora un respiro quando ho visto le sirene che cantavano tra le onde con mimose e lillà. Un respiro profondo prima d’incontrarti.”
ArteStudio progetto TEATRO IN FUGA in collaborazione con MIBACT bando MIGRARTI, COOPERATIVA AUXILIUM, TEATRO DI ROMA, CANE PEZZATO, KING KONG TEATRO
uno spettacolo di Riccardo Vannuccini
dedicato a Fatim Jawara
Con i richiedenti asilo della REFUGEE THEATRE COMPANY LAMIN NJIE, YAYA JALLOW, YELI CAMARA, LUCKY EMMANUEL, JOSEPH EYUBE, con gli attori della SCUOLA DI TEATRO E PERFEZIONAMENTO PROFESSIONALE DEL TEATRO DI ROMA MARIA TERESA CAMPUS, VINCENZO D’AMATO, STEFANO GUERRIERI, CHIARA LOMBARDO, CATERINA MARINO, e con EVA GRIECO, LARS RÖHM, CAPUCINE FERRYLo spettacolo nasce nell’ambito del progetto TEATRO IN FUGA, ed è dedicato alla questione delle migrazioni forzate. L’intenzione del laboratorio che ha poi prodotto questa performance, è quella di provare a comprendere attraverso lo strumento del teatro gli accadimenti del mondo contemporaneo, in questo caso mettendo in scena giovani attori e giovani richiedenti asilo provenienti dall’ Africa.Produzione ArteStudio con la collaborazione di Teatro di Roma
Testi da WILLIAM SHAKESPEARE, FRANZ KAFKA, INGEBORG BACHMANN, WALTER BENJAMIN
COLETTE THOMAS, PATRIZIA VICINELLI
Scene, costumi, luci YOKO HAKIKO
Colonna Sonora ROCCO CUCOVAZ
Direzione tecnica DANIELE CAPPELLI
Regista Assistente MARIA SANDRELLI
Responsabile di produzione CATERINA GALLONI
Produzione ALBA BARTOLI
Ufficio Stampa MIRIAM SEMPLICE MARANO
Musiche Simeon Ten Holt, Underground Youth, Warren Ellis, Carla Bruni, Nick CaveL’Amleto di William Shakespeare diventa un libro segreto, si fa mappa del mondo in grado di misurare le cose del tempo attuale. Il testo si trasforma in azione scenica e allora un foglio strappato dal copione diventa la carta d’identità, il permesso di soggiorno, una ricetta medica, l’ultima lettera alla madre, un fuoco nella notte, la tomba sulla sabbia. Amleto è come una traccia, un segnale di orientamento fra uomo e dio, fra bene e male, fra terra e mare, fra castello e deserto, fra vendetta e giustizia, fra cristiano e musulmano, fra oriente e occidente, fra pace e guerra, fra Amleto e Ofelia. Uno spettacolo dedicato alla figura dell’Amleto shakespeariano per ravvicinare i corpi dei partecipanti, rifugiati e attori e farne uno strumento unico di indagine del contemporaneo, in un progetto di composizione scenica che attraverso la finzione sperimenta nuove possibilità di salute.
Una messinscena che unisce assieme giovani in fuga e giovani attori, con lingue e abitudini diverse, per fare teatro. «Ho lavorato col teatro in Libano più volte, in Giordania, in Palestina, in Iran, nelle zone di guerra, mettendo assieme queste persone intorno ad un tavolo per mangiare e discutere, tutti intorno ad una traccia per fare teatro, in un campo all’aperto in mezzo alle tende o in uno scantinato rifugio antiaereo o ancora in un antico hammam trasformato in fascinosa sala teatrale. Per quanto mi riguarda, niente a che vedere col sociale o il pedagogico, io lavoro col teatro per puro divertimento estetico, la finzione che serve a conoscere, qualcosa che possiamo chiamare buona salute, nei teatri ufficiali come nei centri in Italia per i rifugiati, i C.A.R.A. come nelle tende che ospitano i profughi nelle zone di guerra». Amleto allora si trasforma in un campetto di terra battuta, un pezzo di pane, una tazza di tè, un gioco che mette in scena allo stesso modo i richiedenti asilo e gli attori della Scuola del Teatro di Roma. I grandi temi di Shakespeare si collocano in altri luoghi e in altri tempi dando vita ad un viaggio all’interno di un mondo più che mai attuale, ad un percorso di conoscenza che ci riguarda tutti, per il quale il teatro può rappresentare uno spazio aperto di comprensione. «Perché, se il teatro invece diventa una fortezza intellettuale, un testo tomba – conclude Vannuccini – allora non funziona. No – mi dicono sorridendo i giovani africani o i bambini siriani – no Hamlet, please».
SABBIA è un movimento plurale di cerchi, un bordo utile all’apparizione dei contrasti. Un girotondo di esercizi poetici, spirituali oppure il making of di un paesaggio che muta come un pugno di sabbia ad ogni passaggio di vento. Riccardo Vannuccini
SABBIA è una mappa di viaggi avventurosi, di traiettorie percorse a piedi, sopra o sotto un camion oppure in fondo al mare, il diario inventato di appostamenti notturni, precipitose invenzioni, canzoni, dediche d’amore, aspirine, scarpe piene di sabbia e filastrocche porta fortuna.
Fra ospitalità e accoglienza, SABBIA rappresenta la ricerca paziente e ostinata di una terza parola che possa comprendere il gesto di chi rischia la vita su un barcone sbilenco e quello di chi tende la mano sulla porta di casa. Lo spettacolo, interpretato da venti richiedenti asilo provenienti dall’Africa, vuole anche in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato (20 giugno) favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione, spesso sconosciuta ai più, di questa particolare categoria di migranti.
Lo spettacolo è la conclusione di un laboratorio teatrale durato dieci mesi, una composizione scenica di confine che deve molto a Pina Bausch, Jackson Pollock, Thomas Eliot e Ibn Battuta. Il viaggiatore per eccellenza del mondo islamico medievale, nella sua Rihla (viaggio) ci regala sguardi unici e dettagliatissimi sul suo grande peregrinare, che partendo dall’Africa passa per Siria, Russia, Afghanistan e approda in India e Cina e che percorre centoventimila chilometri con tutti i mezzi di trasporto allora in uso, dal cavallo al dromedario, dal carro ad ogni tipo di imbarcazione.
di Riccardo Vannuccini
Produzione CANE PEZZATO, ARTESTUDIO con ZETEMA progetto laboratorio IL TEATRO DEL RAMMENDO
Una produzione ARTESTUDIO, FIERASCENA, CANE PEZZATO.
spettacolo di RICCARDO VANNUCCINI con ELISA MENON realizzato con i richiedenti asilo del CARA di Gradisca d’Isonzo. Produzione ARTESTUDIO, FIERASCENA, CANE PEZZATO.
Come scimmie fra gli alberi racconta in scena, in forma di happening poetico, di come le scimmie rimasero scimmie e nel bene e nel male fecero a meno della monetizzazione dell’esistenza e della nuova Citroën. Di come le scimmie continuarono a giocare, a perdere tempo, a scambiarsi baci e regali e a fare a meno della crema per diventare bambine. La performance traccia un segno sulla monetizzazione di ogni aspetto della vita umana ed è al contrario un gioco di circuitazioni, un movimento plurale di cerchi, un bordo utile all’apparizione dei contrasti. Un girotondo di esercizi poetici, spirituali, un backstage poetico, oppure il making of di un paesaggio che muta come un soffio di cenere ad ogni passaggio di vento.HIKAYA (storie) – Katermaya e Beirut 2011
spettacolo conclusivo del workshop di RICCARDO VANNUCCINI con MARIA SANDRELLI, ELISA MENON, DANIELE CAPPELLI, AHLAM EL DIRANI e DANA DIA progetto ARTESTUDIO con INTERSOS
con profughi siriani residenti a Katermaya a sud di Beirut.
Un giorno un gioco. Uno spiazzo, una stanza al piano sotterraneo, una motocicletta che parte un furgone che arriva. I tappeti da rammendare, il pallone bucato, capelli neri, una fila di sedie, preghiera, una sedia come fosse un castello, acqua, un lenzuolo come fosse il mare, pausa col pane di grano senza lievito, grande macchina scura, traffico, rumore, strada, soldati, un giorno un gioco.
In scena: Alba Bartoli, Cecilia Muti, Maria Sandrelli, Tiziana Tiberio.
Direzione tecnica: Daniele Cappelli.
Per ripescare Ofelia o farla andare via lungo il fiume, pagine sparse sperse di due poetesse e di una filosofa. L’aria e l’acqua prima delle parole. Follia di Ofelia e folle tuffo. Follia di Ofelia e folle tuffo per fuggire sapiente a ogni abbraccio mortale di maschio, parente, padre, innamorato, fratello. Dall’acqua all’acqua, la voce di donna prima di diventare parola ma non più solo grido, voce di donna come traccia e segno poetico per le strade e tra gli alberi, i fiori, le foglie, capricciose ghirlande.
La performance non mette in scena un racconto, ma il lavorio artistico; l’oggetto è il tentativo di raccontare, non il racconto. La performance mette insieme alla rinfusa pagine e paginette, per un parlare in glossa che prova la cantata delle parole barbare, velate, che non sono soltanto suono ma che non sono ancora diventate linguaggio significante. Un teatro senza significati e senza rimandi, senza origine: teatro come azione d’arte in sé, dove il corpo voce è inteso come pensiero della voce sola (cogitatio secundum vocem solam). Teatro esperienza che dimora nell’azione scenica e che non rimanda a nessuna res.
with something of Shakespeare
Testo e regia: Riccardo Vannuccini. In scena: Alba Bartoli, Camilla Dell’Agnola, Tiziana Tiberio, Lars Röhm, Maria Sandrelli, Ceren Turkmen, Artiom Popescu, Riccardo V. Della Pietra. Direzione tecnica: Daniele Cappelli. Scene, luci e costumi: Ferdinando Ammore. Assistenti alla regia: Ylenia Sina e Lars Röhm. Musiche: Rocco Cucovaz. Direzione organizzativa: Alba Maria Ungaro Bartoli.
Ventiduemila spazi vuoti fra le parole del Macbeth. Il titolo è un cartello scespiriano. Il tema è quello dei buchi, dei vuoti, degli spazi fra una parola e l’altra. Questa cantata è formata sui buchi. Le parole farfugliate dagli attori e poi campionate, le brevi azioni ripetute e stabilite diventano i pieni, il piano d’appoggio del racconto. I buchi, i vuoti significativi, devono invece essere rintracciati con un lavoro di spettatore partecipante nelle pause, negli smarrimenti, nelle dimenticanze allegre o drammatiche. L’accadere giunge nelle incertezze autentiche, dove l’essere umano vive la propria eroica inadeguatezza e con grazia naturale e stupore gioca con l’esistenza.
La prova racconta di un lavorio scespiriano che recupera l’inadeguatezza rimandando come esercizio spirituale a quella condizione umana comune a tutti noi del non essere pronti ma inesatti, e dunque, in qualche modo, autentici.
MACBETH aspetta il compiersi delle profezie come qualcosa che non è dato ma che si dà ora, qualcosa che accade adesso, e sopraggiunge davvero.
MACBETH torna sul luogo del delitto, della memoria, il luogo scenico comune, il manicomio dove LADY MACBETH con le sue sorelle è ancora rinchiusa, e tenta l’(im)possibile, un’altra prova ancora.
FEMMINA F – Festival Vulnerabile EX LANIFICIO 159 Roma 2010
Testo e regia Riccardo Vannuccini dp, scene, luci, costumi Ferdinando ammore, colonna sonora Rocco Cucovaz, direzione tecnica Daniele cCppelli, assistenti alla regia Ylenia Sina e Lars Rohm
CON ALBA BARTOLI, CAMILLA DELL’ AGNOLA, TIZIANA TIBERIO, MARIA SANDRELLI, ARTIOM POPESCU, LARS RöHM, SONA AMINI FARSHI e RICCARDO VANNUCCINI DELLA PIETRA
Variante musicale sulla performance FEMMINA, libero esercizio in scena di attori e cose. Versione da camera o inquadratura stretta.
Prova numero undici di una performance perduta e prossima a venire che rimette in gioco materiali e cose conosciute e nuove. Costruzione provvisoria e a vista di un processo di composizione che sistema caoticamente segni e figure che rimandano al farsi – fare da se – del racconto scenico attraverso gli appunti, le varianti non accreditate, le scene dimenticate
Rispetto alla prima versione una spazio diverso e un numero diverso di attori. Il lavoro nasce proprio come precisazione, avvicinamento a singoli passaggi della performance precedente, a cominciare da quelli esclusi che diventano nuove scene, ipotesi di azione scenica.
FEMMINA – Teatro Palladium, Roma 2009
Progetto e regia: Riccardo Vannuccini Della Pietra con Bachmann, Cavarero, Shiva. In scena: Marco Barsotti, Alba Bartoli, Tommaso Cristofori, Soline Dacchache, Camilla Dell’Agnola, Riccardo Della Pietra, Roberto Marinelli, Romana Merlin Hazovic, Rita Khawand, Artiom Popescu, Laura Sampedro, Maria Sandrelli, Ali Soudi, Abou Tourè, Ursula Wolkmann, Fatiha Zerrar, Apo Zuveric. Direzione tecnica: Daniele Cappelli. Scene, luci e costumi: Ferdinando Ammore. Assistente alla regia: Ylenia Sina. Musiche: Rocco Cucovaz. Foto: Francesco Galli, Max Bienati, Pietro Freddi, Flora Torrisi, Enzo Maniccia. Video: Celeste Taliani. Produzione esecutiva e organizzazione generale: Alba Maria Ungaro Bartoli.
femmina la carne, la pancia, la battaglia, la paura, l’acqua, la luna, la strega, la
balena, la piaga e la terra, la rosa e ogni cosa con bachmann cavarero shiva
Venti attori in scena raccontano la storia di uno sgombero dedicato a una giovane ragazza incinta che vende gasolio, pane e canzoncine al porto di Beirut. Ordine e disordine in un gioco di vicinanza debordano dalla vita alla scena, mentre attori e attrici di chissà quale posto del mondo – Russia, Kurdistan, Libano, Marocco, Bosnia, Nigeria – persone senza casa, rifugiati, persone con disturbi mentali o che vivono in zone di guerra raccontano la prova di un felice passaggio dall’escluso all’incluso. Nascere e morire, rigenerarsi, mischiarsi con consapevolezza. E intanto, al riparo del gioco del teatro, gli attori mettono in prova i pericoli del cammino e della vita; si raccontano e si innamorano, si perdono e si trovano, si feriscono per finta e muoiono per davvero.
NAFTA CAFE’ – Teatro Parioli Roma 2008
Progetto e regia: Riccardo Vannuccini Della Pietra. In scena: Riccardo V. Della Pietra, Benedetta Montini, Ali Soudi, Laura Sampedro, Apo Zuveric, Gaetano Campo, Camilla Bertini, Roberto Martinelli, Sini Ngindu Dindanda, Marco Marco Barzotti, Laura Cizmic. E con: Marco Moro (percussioni), Luciano Cologgi (chitarra), Isidoro Santoro (sax tenore), Maurizio Lazzaro (oud), Gianluca Pizzorno (basso), Guerino Taresco (contrabasso), Rosita Ippolito (viola da gamba). Direzione tecnica e assistente alla regia: Daniele Cappelli. Scene, luci e costumi: Ferdinando Ammore. Assistente alla messa in scena: Giacomo Colturani. Musiche: Rocco Cucovaz. Foto: Max Bienati.
L’ultima goccia di petrolio e l’ultimo pezzo di carbone prima della fine del patriarcato
È sicuro che dal dentifricio all’ombrellone, dalla pappa al funerale, strada dopo strada, dipendiamo in tutto e per tutto dal petrolio. Così come è sicuro che prima o poi finirà. Non si è ancora esaurito, il petrolio, nonostante il grande consumo, forse non abbiamo toccato il picco, ma sappiamo che l’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre. La fine del petrolio diventa così la mappa del nostro tempo a venire. Oriente e occidente, lingue e sottane, sigarette e benzina.
Attori e attrici di chissà quale posto del mondo, detenuti, ex-detenute, migranti, rifugiati, persone con disagi mentali, o persone che vivono in zone di guerra, raccontano la prova di un felice passaggio dall’escluso all’incluso. Storia dell’ultima pompa di benzina prima del deserto. L’ultima goccia di nafta e l’ultimo pezzo di carbone prima del declino del patriarcato e la fine dell’epoca dei combustibili fossili. Scene, musichette, stupidaggini e necessità in una perfomance extraurbana africana, siciliana, araba, dove gli accampati di un tempo inesistente abitano un paesaggio contemporaneo segnato dalle mappe dei pozzi petroliferi in estinzione. Con vecchi intriganti e nuovi sapienti, e tutto intorno una folla di miseri e diseredati che aspettano la voce degli angeli. Al tempo del passaggio delle genti, una compagnia teatrale meticciata diventa mestiere del cammino. Tutto comincia con una rincorsa audace fino all’Africa, all’India; fino a dove l’Oriente comincia con l’Occidente.
16 DONNE ALLA PORTA – Casa Circondariale di Rebibbia Femminile Roma 2007
regia di Riccardo Vannuccini
con le donne private della libertà del carcere di Rebibbia Femminile e con Maria Sandrelli, Laura Sampedro
regista assistente Maria Sandrelli, direzione organizzativa Alba Bartoli, musiche dal vivo Marco Moro (percussioni), Luciano Cologgi (chitarra), Rossella Zampiron (violoncello). Diretta streaming al Cinema Farnese di Roma a cura di Luca e Marco Ballini. Foto di scena Max Bienati.
Progetto e regia: Riccardo Vannuccini, con Alba Bartoli e Sara Turra. Con la collaborazione di: Paolo Contursi e Max Bienati (foto)
Dopo l’esperienza a Hebron, il laboratorio teatrale si ripete a Tiro e in alcuni villaggi a sud di Beirut vicino al confine con Israele. Un laboratorio itinerante che ha coinvolto ragazzi e ragazze di diversi luoghi e diverse religioni, ma anche le amministrazioni pubbliche, l’università, una scuola di musica, il teatro al Medina di Beirut. Oltre quaranta giovani hanno partecipato al progetto, in situazioni completamente diverse, dalla scuola, al villaggio in ricostruzione, dal campo davanti al sito archeologico, alla casa di qualcuno. La perfomance è un vero happening che interpreta liberamente alcune scene dell’Amleto scespiriano come una sorta di cantata, la possibilità di cantare assieme, la possibilità di un gesto artistico comune.
HAMLET IN HEBRON 2006
Progetto e regia: Riccardo Vannuccini, con Alba Bartoli e Sara Turra. Video: Riccardo Vannuccini, con Paolo Contursi (riprese), Nour Abu Omar (assistente alla regia) e Pietro Luzzatti (montaggio).
In scena: Hamza al Kawasmi, Ayman Bakri, Nida’a Shain, Amani al Sarahna, Samia Jabari, Eia Abu Maiela, Raed Hamouri, Shadan da’Ana, Dania al Natasha, Ranad al Jabare, Yusra al Qwasmi, Jihad Nasser Aldee
ORESTEIA 21 – Teatro India 2005
Esercizi semplici di pratica filosofica
Testo e regia: Riccardo Vannuccini Della Pietra. In scena: Riccardo Vannuccini, Alba Bartoli, Valentina Coduti, Federica Flavoni, Antonia Renzella, Ursula Volkmann, Ali Saoudi, Simona Chirizzi, Benedetta Montini, Tiziana Santercole, Tomihvatzi X. Santillan, Gaston Biwole, Laura Sampedro, Irene Vecchio, Artion Popescu, Apo Zuveric, Sini Ngindu Dindanda. Scene e costumi: Ferdinando Ammore. Musiche originali: Rocco Cucovaz. Foto di scena Max Bienati e Francesco Galli. Video Celeste Taliani
La nostra società occidentale pulita e veloce, fatta di dissolutezze ecologiche irreparabili, in grado di produrre sempre di più enormi ricchezze per pochi e distese bibliche di poveri, fondata ancora sulla macabra stupidità della guerra, sembra la società patriarcale dell’Oresteia, governata con intelletto dalle regole della vendetta, dell’oro e del sangue. Il fumo delle discariche delle metropoli attrezzate, i disastri ecologici col mare infetto che circonda le spiagge dei turisti, le nuvole tossiche che appestano intere e ignare popolazioni, il traffico degli esseri umani, i poveri che vivono e muoiono giù per la strada mentre enormi cartelli pubblicitari lassù, sopra le loro teste, promettono una vita sempre più comoda e sempre più facile, non fanno altro che ritrarre un tempo che ha necessità dell’esperienza profonda per mettere in prova un nuovo paradigma dell’esistenza, facendoci riflettere in poesia sul fatto che in questo nostro mondo-tempo abbiamo bisogno di una prospettiva solistica ed ecologica. Abbiamo bisogno di recuperare e facilitare una sapienza intuitiva, responsiva, femminile.
Oresteia comincia dove Ifigenia finisce la sua vita, assassinata dal padre per poter andare alla guerra, e ci avvisa proprio oggi che a questa azione empia e mostruosa, meccanica e lineare altre ne seguiranno, finché un’intera razza sarà dispersa. 21 è il nostro secolo ma pure un numero e, chissà, un codice che si avventura e affronta la cultura scientifica, rappresentata oggi, fra l’altro, dalle teorie dei sistemi e della complessità: ebbene nulla, ci suggerisce il 21 come fosse un attore atleta dietro agli altri attori, nulla è più possibile considerare come un oggetto semplice, nemmeno il Teatro.